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La nave arcaica


Agli inizi del v secolo (500-480 a.C.) una nave mercantile greca affondò davanti alle coste di Gela a causa delle avverse condizioni metereologiche del mare.

Si tratta di un’imbarcazione rinvenuta a circa 800 metri dalla costa, a 1 km dal pontile del porto isola, ad una profondità di quasi 5 metri, con la prua rivolta verso il mare aperto.

Particolare è la tecnica di costruzione dello scafo con le tavole del fasciame cucite tra loro per mezzo di corde vegetali passanti entro fori, scavati obliquamente e convergenti verso i bordi inferiori dei comenti delle tavole, dove sono bloccate da piccole caviglie lignee.
Tale tecnica costruttiva è attestata nell’antichità già per la costruzione della nave di Cheope del III millennio a.C. ed è citata da Omero.

Dal carico trasportato facevano parte anche contenitori ceramici di vario tipo; prevalgono le anfore di tipo orientale, soprattutto chiote, ma sono documentate anche le lesbie, le samie, le corinzie, le puniche e quelle di tipo ‘greco-occidentale’. Nella zona di centro prua sono stati individuati otto cesti intessuti con fibre e con l’imboccatura chiusa da un bordo di legno di fico cucito a sacco. È probabile che un gruppo di materiali recuperati a bordo (arule, cinghialetto e braccino ligneo di statuetta) potesse essere stato utilizzato anche a scopi culturali e per le celebrazioni di cerimonie in onore di qualche divinità per sollecitarne la protezione e l’offerta di sacrifici.

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