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La pesca delle spugne


"A vita do spunsaru
è vita scillirata
si mancia pani asciuttu
si vivi acqua salata"



La pesca

La pesca delle spugne è stata esercitata sino alla seconda metà degli anni cinquanta del secolo scorso e unitamente al commercio marittimo, ha rivestito un ruolo importante nel contesto culturale della comunità gelese determinando l’ affermarsi di saperi, tecniche e conoscenze relative al mare, tramandatesi nel tempo.
La pesca delle spugne veniva effettuata sulle coste africane della Tunisia e della Libia Il periodo della pesca delle spugne o “sponsi” come le chiamavano i gelesi era compreso tra febbraio e novembre.
Fino al 1956/57 una flotta di più di 60 trabaccoli, i cosiddetti “saccalleva”, veniva impiegata per la pesca delle spugne, una spedizione durava circa tre mesi ed il viaggio da Gela alle coste Africane durava un periodo di tre giorni. I pescatori di spugne “i Spunsara” che costituivano l’equipaggio appartenevano quasi sempre ad un unico nucleo familiare. La pesca iniziava sempre con il rito della preghiera.

Lo strumento utilizzato per questo tipo di pesca era “a cacava”, un’ingegno costituito da un’ asta di legno della lunghezza di metri 8,30 , che costituiva la base dell’ attrezzo in cui veniva inserita al centro e perpendicolarmente una lunga asta di ferro. Alla base era fissata una catena cui era cucita una rete della lunghezza di 5 metri, utilizzando corde collegate all’ asta di ferro veniva impresso il movimento che consentiva di strappare al fondo del mare e trasferire all’ interno della rete il prezioso carico. Le spugne appena pescate erano di colore nero e venivano pestate coi piedi.
Ributtate a mare all’ interno di sacchi realizzati con le reti venivano trascinate dall’ imbarcazione per subire un primo trattamento di pulitura. Ritirate a bordo per la seconda volta, venivano raschiate, ripestate coi piedi e poste ad asciugare nella stiva entro sacchi che ne contenevano circa Kg. 60.. Il segno inequivocabile che la pesca aveva dato ottimi frutti era dovuto essenzialmente dall’appesantimento e quindi al rallentamento dell’ imbarcazione.
Nonostante i numerosi sacrifici richiesti, chi esercitava questo tipo di attività rappresentava un’ elite economica, per i guadagni derivanti dalla commercializzazione del prodotto.

 


Le Spugne


Le spugne sono i più semplici organismi del regno animale. Una parete corporea costituita da due strati di cellule e uno strato amorfo intermedio delimita una cavità interna; questa comunica con l’ambiente esterno attraverso un’apertura principale detta osculo e diversi pori inalanti disseminati su tutta la parete. L’animale si alimenta trattenendo e assorbendo le particelle alimentari presenti in sospensione nell’acqua e si riproduce asessualmente (per gemmazione) o sessualmente.

Le spugne naturali sono in realtà l'impalcatura scheletrica degli organismi pluricellulari marini più primitivi del regno animale. A seconda delle specie possono essere composte di silicio, carbonato di calcio o spongina, una sostanza proteica elastica e flessibile.

Le spugne si alimentano facendo circolare l'acqua nella cavità corporea (spongocele) e trattenendo le particelle alimentari e l'ossigeno in essa presenti. L'acqua entra da pori laterali chiamati osti e si riversa in cavità più o meno ampie, rivestite da cellule flagellate e connesse l'una all'altra tramite canali. Quando la pressione interna alla spugna raggiunge una soglia critica, l'acqua viene espulsa attraverso l'osculo, un’ampia apertura posta alla sommità del corpo dell'animale. In questo modo l'acqua, impoverita di ossigeno e nutrienti, non viene riutilizzata dalla spugna, ma viene sostituita con acqua fresca. Le sostanze raccolte e digerite a livello intracellulare dai coanociti vengono distribuite alle diverse parti del corpo dagli amebociti della mesoglea.

Le spugne dotate di valore commerciale sono quelle la cui struttura scheletrica è composta unicamente di spongina (un materiale proteico flessibile). Le spugne del Mediterraneo sono le più morbide e quindi le più pregiate; subito dopo vengono quelle del Mar Rosso e poi quelle dell'oceano Indiano, che tuttavia sono più grossolane e meno durevoli. I loro tessuti viventi vengono lasciati decomporre e ciò che rimane, ossia lo scheletro di fibre di spongina, viene lavato, sbiancato, a volte colorato e tagliato nelle forme che si trovano comunemente in commercio.


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